da secoli gli studiosi si interrogavano su di un fenomeno chiamato luce cinerina o luce secondaria, per cui la porzione lunare non illuminata dalla luce solare è comunque sempre rischiarata da un ” tenue chiarore” . Per spiegare questo ” candore” , particolarmente evidente quando la luna appare come una falce , nel corso dei secoli erano state proposte varie interpretazioni . ” Alcuni dissero posseder la luna un suo naturale splendore; altri, che le fosse impartito da venere ; altri , da tutte le stelle ; altri, dal sole, il quale coi suoi raggi attraverserebbe la profonda solidità della luna ” . Galileo, con i suoi esperimenti mentali, smonta ognuna di queste ipotesi. Si convince infine che il bagliore sia dovuto al riverbero della luce solare sul nostro pianeta. La terra, dunque , non è” priva di luce “come proclamato dalla visione scientifica dell’ epoca, ma ” superate in splendore la luna ” . Così galileo concluderà il SIDERIUS NUNCIS, annunciando la futura pubblicazione di un ‘opera nella quale tratterà l’ argomento ” più diffusamente” e ” con moltissimi ragionamenti ed esperimenti” . L’ opera sarà data alle stampe due decenni dopo , nel 1632, col titolo : dialoghi sopra i due massimi sistemi del mondo. e, come sappiamo, regalerà allo scenziato una condanna da parte del sant’ uffizio. Ma galileo, nel corso della sua vita, non dovette difendersi solo dalla chiesa. Nei primi anni del diciassettesimo secolo il ciabattino e alchimista dilettante Vincenzo casciarolo aveva rinvenuto una roccia ai piedi del monte Paderno, fra i colli bolognesi. Non era una roccia comune : era un cristallo, incolore e sfaccettato. Si scopri inoltre che, una volta macinato e scaldato ad alte temperature , poteva assorbire la luce solare rimanendo luminescente per qualche tempo . Il cristallo, passato alla storia come pietra di Bologna, era barite , un minerale da cui è possibile estrarre un composto fosforescente, il solfuro di bario. All’ epoca ,però, il suo ritrovamento darà il via a una accesa discussione fra il medico e scienziato fortunio liceti e galileo galilei. Fortunio liceti , convinto che la pietra di Bologna sia un meteorite lunare , trova uno spunto per criticare la visione galileiana della luna e della cosmologia, minandone le basi a cominciare dall’ idea che il candore lunare sia provocato dalla riflessione terrestre dei raggi del sole. Uno degli scritti più belli ( e meno conosciuti) di galileo è sul candore della luna, una lettera inviata nella primavera del 1640 al principe Leopoldo di toscana. Ormai anziano e cieco, galileo detta questa lettera per rispondere ” fisicomatematicamente” alle affermazioni ” dell’ eccellentissimo signor fortunio liceti” .il tutto col sarcasmo e la falsa modestia che sempre caratterizzavano le sue opere. Nello scritto , però, frutto di lunga meditazione su ciò che furono gli insegnamenti di un’ intera carriera, possiamo oggi ritrovare tutti i punti fondamentali del metodo di galileo , alla base di quello che noi oggi definiamo metodo scentifico: l’ importanza della matematica, la replicabilità delle esperienze, gli esperimenti mentali, l’ opposizione al senso comune e ai propri pregiudizi, la lotta alle dicerie e a quelle che ai giorni nostri chiamiamo fake news. potremmo quindi considerare quella lettera un vero e proprio manifesto della scienza moderna. Una scienza spesso sottovalutata, criticata e osteggiata nonostante tutte le sue conquiste , ieri come oggi . Una scienza che non avremmo se, in una fresca notte d’ autunno di quattro secoli fa , un uomo non avesse deciso di volgere il suo sguardo curioso al cielo.