nel diciannovesimo secolo, ormai era noto che le fiamme della combustione di sali e altri composti avessero colori specifici . Lo studio di questi colori diede vita a una disciplina completamente nuova. Il saggio alla fiamma fu la prima tappa di un lungo viaggio di scoperte chimiche, e un modo efficace per diversificare i sali , che erano tanti e molto simili tra loro . Una fiamma arancione indicava , per esempio, la presenza di sodio , il lilla’ chiaro suggeriva che il sale contenesse potassio . Anche l’ innaturale luminescenza del tubo di geissler( tubo dove venivano emesse scariche elettriche) sembrava supportare l’ idea che il colore era una sorte di firma degli elementi. Per verificare questa ipotesi , Robert bunden si mise all’ opera con il suo bruciatore a gas. Il suo bruciatore si chiamava ” il becco di bunsen”, e produceva un flusso costante e continuo di calore intenso e una debole fiamma azzurrognola , che non influiva troppo sul colore del campione utilizzato. Nonostante ciò , bunsen ebbe dei problemi a isolare il colore preciso delle fiamme dei combustibili . Fu Gustav kirchhoff( 1824-1887) , professore all’ università di Heidelberg , a intervenire sulla questione . Per identificare i colori delle fiamme , kirchhoff propose di rifrangere la luce che emettevano attraverso un prisma , proprio come aveva fatto Newton due secoli prima nel suo innovativo lavoro sull’ ottica e sullo spettro elettromagnetico. E per farlo uso uno strumento già esistente: lo spettrometro. In questa immagine ( qui sotto) vediamo lo spettrometro di bunsen e kirchhoff focalizzata la luce della fiamma verso un prisma centrale , che a sua volta dirigeva la luce in direzione di un oculare esterno. ( Tratto dal libro: ” elements ” di Tom Jackson)